La figura dell’ufficiale giudiziario affonda le sue radici storiche nell’ordinamento romano.
Il legislatore romano aveva individuato e distinto le attività attinenti alla “amministrazione della giustizia”, da quelle che più propriamente costituivano esercizio di giurisdizione .
La consapevolezza della diversità delle funzioni cui era chiamato chi eseguiva un ordine del giudice rispetto a chi assisteva alle udienze, aveva di fatto determinato una distinzione di funzioni al cui esercizio potevano accedere soggetti di diversa preparazione e adeguata capacità.
L’ordinamento romano, quindi, conosceva diverse figure a cui corrispondevano diverse attribuzioni: gli accensi avevano il compito di introdurre le parti dinanzi al pretore e di garantire l’ordine pubblico nelle udienze; i praecones provvedevano alla citazione dell’imputato e dei testimoni nel processo penale, assistevano alle aste gridando le offerte; gli apparitores, poi definiti executores litium, avevano il delicato compito di cooperare con il magistrato e di portare ad esecuzione le sentenze; da ultimo i viatores svolgevano funzioni da usciere.
Durante i secoli la nozione di ufficiale giudiziario fu confusa con altre apparentemente simili, ma in realtà del tutto estranee, consegnandola a noi come un ibrido in perenne ricerca di definitiva qualificazione.
La destinazione tra gli huissiers, uscieri che prestavano servizio interno ai tribunali e i sergentes incaricati della notificazione degli atti e de ville dell’esecuzione delle sentenze, opportunamente mantenuta dall’antico
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diritto francese, si generalizzò nella denominazione di “usciere” e giunse così, confusa, alla legislazione successiva del XIX secolo presa per lo più a modello dagli stati italiani prima dell’unificazione.
Con l’unificazione l’ordinamento degli uscieri, modellato sulla legislazione francese, si uniformò alla legislazione piemontese e, pur mantenendo la denominazione di “usciere”, ad essi il R.D. 6 dicembre 1865 n. 2626 demandò sia le funzioni di notificazione e di esecuzione che quelle di assistenza alle udienze.
La denominazione di ufficiale giudiziario è relativamente recente. Essa risale alla legge 21/12/1902 n. 528 la quale la adottò per gli ufficiali incaricati delle notificazioni presso le Corti, i Tribunali e le Preture sostituendola a quella di usciere.
Tale disposizione normativa, prendendo atto della importanza e della delicatezza delle funzioni svolte dagli ufficiali giudiziari, previde per la nomina di essi maggiori requisiti sia culturali che morali.
La stessa legge, in deroga al divieto dell’ordinamento del 1865 che prevedeva pene pecuniarie per “l’usciere” che si avvalesse di altre persone per compiere gli atti richiestigli, con l’art. 12 istituì la figura dei commessi, di cui l’ufficiale giudiziario poteva usufruire, sotto la propria responsabilità, per i lavori interni dell’ufficio e per l’assistenza alle udienze.
Il termine di “usciere” fu invece relegato a designare i messi comunali delegati per il servizio delle notificazioni giudiziarie presso i conciliatori.
Con la successiva legge del 19 marzo 1911 n. 201, gli ufficiali giudiziari furono equiparati , a determinati effetti, agli impiegati statali e fu attribuita loro una indennità a titolo di supplemento dei proventi se inferiori ad un minimo previsto.
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Il Legislatore successivo tentò di armonizzare la materia con il R.D. 28 dicembre 1924 n. 2271, che raccolse in un testo organico l’ordinamento degli ufficiali giudiziari degli uscieri giudiziari e del personale addetto agli uffici di conciliazione, ma l’impegno profuso fu vanificato dalla tutela di diversi, più cogenti, interessi.
Altre importanti innovazioni l’ordinamento degli ufficiali le ha registrate con il decreto legislativo luogotenenziale 5 maggio 1947 n. 380, che istituì la figura dell’ufficiale giudiziario dirigente in quegli uffici cui fossero addetti due o più ufficiali giudiziari.
All’ufficiale giudiziario dirigente venne affidata la direzione e l’organizzazione del lavoro negli uffici.
Con lo stesso decreto, in considerazione del grado di autonomia e della indipendenza delle mansioni proprie dell’ufficiale giudiziario rispetto al cancelliere, si stabilì che l’ufficiale giudiziario fosse posto sotto il diretto controllo del magistrato che dirigeva l’ufficio.
La incertezza e la confusione delle tante norme che continuarono ad essere emanate, le conseguenze della guerra, la instabilità del rapporto di lavoro, imposero ben presto un più incisivo ripensamento dell’intera materia.
Il Ministro della Giustizia presentò, allora, alla Camera dei Deputati un nuovo progetto con lo scopo, come si legge nella relazione del Ministro Piccioni del 24 febbraio 1950, di “riunire in un testo unico, coordinandole ed integrandole, le varie norme disseminate in numerosi provvedimenti che si sono ininterrottamente succeduti dal lontano 1865 fino ad oggi” e di fare “un passo avanti verso la definitiva sistemazione del personale degli ufficiali giudiziari, da effettuarsi con l’inquadramento della categoria nei ruoli dell’Amministrazione dello Stato.
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Il testo, tradotto in legge il 18 ottobre 1951 (n.1128), attribuiva ai commessi in servizio la denominazione di aiutanti ufficiali giudiziari e istituiva una nuova figura di ausiliari nell’ordine giudiziario.
Con la legge 18 ottobre 1951 n. 1128 furono costituiti Uffici Unici presso le Corti di Appello delle sedi capoluogo di distretto e presso i Tribunali delle sedi capoluogo di circondario e furono determinati i limiti territoriali di competenza dell’ufficiale giudiziario nel mandamento in cui aveva sede l’ufficio al quale egli era addetto.
La materia, soggetta, come fin qui evidenziato, ad una continua quanto disorganica produzione normativa, con l’avvento del nuovo statuto degli impiegati civili dello Stato (D.P.R. 10 gennaio 1957, n.3) mostrò tutta la sua inadeguatezza.
La legge 27 febbraio 1958 n. 162 ha delegato il Governo a “…raccogliere in un testo unico……le vigenti disposizioni sull’ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti, apportandovi le modifiche richieste dal loro coordinamento con le norme ….. nonché le altre modificazioni necessarie per garantire il regolare ed efficiente espletamento dei servizi, ferme rimanendo le attuali qualifiche, attribuzioni e funzioni”.
E’ stato così emanato il D.P.R. 15 dicembre 1959 n° 1229 idoneo ancora oggi, in alcune sue disposizioni, a disciplinare il personale in questione.
Solo alcuni articoli rimangono in vigore in quanto oramai la disciplina del rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari è retta prevalentemente dalle norme pattizie siglate fra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e l’A.R.A.N. per la contrattazione nazionale e le singole Amministrazioni Pubbliche per la contrattazione decentrata integrativa.
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Infatti il pluririformato testo del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n.29, privatizzando – come si suol dire – il rapporto di pubblico impiego, ha consegnato la sua disciplina non più alle leggi ed ai regolamenti mai ai contratti nazionali di lavoro.
In particolar modo l’art.2 comma 3 del d.lgs 29/93, così come sostituito prima dall’art.2 del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n.546, poi dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80 ed inserito nell’art.1 del Testo Unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche (d.lgs. 30 marzo 2001, n.165), ha stabilito che i rapporti individuali di lavoro dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche (fra cui rientrano gli ufficiali giudiziari, così come sancito dalla giurisprudenza amministrativa ed ordinaria) sono regolati contrattualmente.
Tale mutamento di fonte ha travolto la più gran parte delle disposizioni della D.P.R. 1229/59.
La disciplina attuale del rapporto di lavoro subordinato – rectius parasubordinato come di qui a poco si sosterrà - rientra nell’ambito di applicazione dei seguenti accordi sindacali: Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il Comparto Ministeri del 3 marzo 1995, integrato in alcune sue parti dall’Accordo Nazionale del 22 ottobre 1997; Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il Comparto Ministeri del 6 febbraio 1999; Contratto integrativo per i dipendenti della Amministrazione Giudiziaria del 5 aprile 2000; Contratto Integrativo Nazionale del 16 maggio 2001; Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo alle norme di raccordo per gli ufficiali giudiziari del 24 aprile 2002; e, infine, il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti del Comparto Ministeri del 3 luglio 2003.
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b) l’ufficiale giudiziario in Europa.
A differenza dei paesi Scandinavi, che possiedono un ordinamento degli Ufficiali Giudiziari simile a quello italiano, in Francia, in Belgio, in Olanda , in Lussemburgo, in Polonia, in Ungheria, in Slovacchia, nella Repubblica Ceca, in Austria e in Romania gli Ufficiali Giudiziari svolgono la loro attività seguendo uno statuto liberale.
L’ordinamento francese approvando la riforma del processo esecutivo nel 1994 ha collocato l’hussier de justice al centro del processo di esecuzione con attribuzioni tali che ne costituiscono garanzia di funzionalità ed efficienza, assegnandogli molte competenze in via esclusiva.
Lo hussier de justice è un privato che svolge pubbliche funzioni con organizzazione libero-professionale e possiede la qualifica di pubblico ufficiale.
In Germania i “gerichtsvollzieher” operano sulla base di uno statuto misto, secondo cui, nonostante siano agenti amministrativi, essi beneficiano di un certo numero di vantaggi generalmente accordati agli ufficiali giudiziari liberali.
Nel Regno Unito, a seconda dei casi, i soggetti che hanno l’incarico di rimettere gli atti e di adempiere alle esecuzioni giudiziarie sono sia liberi professionisti sia funzionari pubblici. In particolare la legislazione scozzese iscive l’ufficiale giudiziario nell’ambito dei liberi professionisti, assegnandogli anche lo status di pubblico ufficiale.
Similmente alla Francia e alla Scozia, anche il Belgio, l’Olanda e il Lussemburgo considerano l’ufficiale giudiziario un libero professionista con la qualifica di pubblico ufficiale.
In Ungheria e Polonia l’ufficiale giudiziario è un libero professionista non riconosciuto in quanto ha competenze solamente sulle esecuzioni.
In Spagna l’esecuzione è teoricamente assicurata dal magistrato che ha preso la decisione ma in realtà è il funzionario, una sorta di impiegato di cancelleria che lo sostituisce.
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c) la natura giuridica del rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario.
La giurisprudenza qualifica il rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario come rapporto di pubblico impiego.
La lettura attenta delle pronunce del Consiglio di Stato e della Cassazione indicano che la corretta espressione per valutare il rapporto lavorativo dell’ufficiale giudiziario non è quella di dipendente dello Stato a tutti gli effetti, ma di equiparato agli impiegati civili dello Stato: ancor meglio, personale equiparato agli impiegati civili dello Stato per alcuni determinati effetti e per l’applicazione di alcuni istituti.
La Cassazione a Sezione Unite ha reiteratamente ribadito la natura pubblicistica del rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario.
Le sezioni unite della Corte di Cassazione del 5 ottobre 1978, n.4425 hanno affermato: “il rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari( ndr profili professionali non più esistenti.1 ) è un rapporto di pubblico impiego.
Le sezioni unite della Corte di Cassazione del 6 febbraio 1979, n.782 hanno enunciato la seguente massima: “…il rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari….., atteso che le prestazioni rese dai predetti soggetti, in quanto stabilmente inserite nell’ambito della organizzazione pubblicistica della Amministrazione della Giustizia , integrano, ai fini della giurisdizione, un rapporto di pubblico impiego.”.
Il Consiglio di Stato, sezione IV del 16 maggio 1991, n.389, ha affermato:” gli ufficiali giudiziari, in quanto iscritti nella organizzazione dello Stato in base ad un atto formale di nomina2 sono impiegati civili dello Stato e
1 Con il C.C.N.L. del 1999 l’ufficiale giudiziario è una figura unica suddivisa nelle pozioni economiche B3 e C1.
2 La sentenza del Consiglio di Stato è stata adottata precedentemente alla contrattualizzazione del rapporto. Mentre dal 1995 il rapporto lavorativo si instaura in modo paritario e pattizio, tramite contratto individuale stipulato fra l’Amministrazione ed il lavoratore, precedentemente l’incardinazione nella compagine amministrativa avveniva con un provvedimento amministrativo autoritativo e unilaterale. La volontà della controparte fungeva da condicio iuris.
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quindi, per quanto non previsto dal loro speciale ordinamento, si deve applicare anche a loro lo statuto generale degli impiegati civili dello Stato, qualora le caratteristiche peculiari dell’attività da essi svolte non giustifichino un trattamento differenziato rispetto a quello degli altri impiegati civili dello Stato.”.
Tale pronuncia evidenzia con palmare evidenza l’equiparazione per la più gran parte degli istituti del regime lavorativo degli impiegati dello Stato a quello degli ufficiali giudiziari.
Equiparazione, non identità.
La stessa pronuncia mette in evidenza l’applicabilità dello statuto generale degli impiegati civili dello Stato per quanto non previsto dal loro ordinamento speciale3 e in quanto non incompatibile con le peculiari connotazioni della attività lavorativa degli ufficiali giudiziari.
Il collegamento di questa sentenza con una pronuncia precedente pone ancora più in luce l’equiparazione ma non l’identità. Il Consiglio di Stato, sez. IV dell’11 maggio 1982, n.282 ha affermato: “ lo status degli ufficiali giudiziari….e le caratteristiche delle loro funzioni sono tali che ad essi non sono applicabili le norme relative all’orario di ufficio dei pubblici dipendenti”.”
Tale “diversità” per quanto attiene l’orario di lavoro è stata rimarcata venti anni dopo dall’art.7 del C.C.N.L del 2002( norme di raccordo relative all’ufficiale giudiziario), che recita così: “Gli ufficiali giudiziari assicurano la propria presenza in servizio ed organizzano il proprio tempo di lavoro correlandosi con la massima flessibilità alle esigenze connesse all’espletamento degli incarichi loro affidati.”.
Lo stesso art.1, comma 2 del C.C.N.L. del 1999 applica il contenuto dell’Accordo anche “al personale UNEP dell’Amministrazione giudiziaria,
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salvo eventuali norme di raccordo per l’adeguamento della disciplina di particolari istituti.”4
Oltre alla già citata “libertà” nella gestione del proprio tempo di lavoro, altro istituto applicato in maniera differente rispetto agli impiegati civili dello Stato è quello del part time, che è usufruibile solamente in forma verticale.
Il combinato disposto delle decisioni della giurisprudenza ordinaria e amministrativa e delle disposizioni degli accordi collettivi conducono l’interprete ad andare oltre la mera equiparazione con il regime degli impiegati civili dello Stato.
Equiparazione vuole significare che alcuni istituti (la maggior parte) che governano il lavoro subordinato pubblico sono applicabili agli ufficiali giudiziari (ad esempio: malattie, ferie, gravidanza e puerperio, procedimento disciplinare), mentre per altre vicende del rapporto, come l’orario di lavoro o alcune voci retributive (indennità di trasferta e diritti) tale applicazione non sussiste. L’assenza di un orario di lavoro e il riconoscimento di alcune voci di reddito aliene ad un vincolo di subordinazione con lo Stato - rectius svincolate dallo Stato stesso e legate ad un rapporto con un privato5 - sono la cartina di tornasole della esistenza di elementi propri del lavoro autonomo e/o professionale.
Con riguardo alle prestazioni di contenuto intellettuali dell’ufficiale giudiziario, l’accertamento della natura autonoma o subordinata del rapporto va desunto esclusivamente dalla posizione tecnico-gerarchica in
3 Al momento della pronuncia la disciplina del rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari era rappresentata solamente dal D.P.R. 1229/59. Successivamente una gran parte di questo testo è stato sostituito dai contratti collettivi di lavoro, come sopra già rappresentato.
4 Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo alle norme di raccordo per gli ufficiali giudiziari del 24 aprile 2002
5 L’avvocato istante paga l’indennità di trasferta e i diritti, confluendo questi ultimi nel minimo garantito che viene integrato dallo Stato in caso esso non sia raggiunto(il minimo garantito è riconosciuto, ad esempio, anche dalla Cassa Nazionale del Notariato in determinate ipotesi).
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cui si trovi il personale in parola, in correlazione ad un potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce all’intrinseco svolgimento delle prestazioni .6
Quale è la posizione tecnico-gerarchica dell’ufficiale giudiziari?
La giurisprudenza7 afferma che i requisiti determinanti ai fini della distinzione del lavoro subordinato in relazione a quello autonomo sono ravvisabili nell’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro. Questi requisiti sono esistenti e compresenti nel rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario? O sono individuabili in esso quelli dettati dagli artt.2222 (lavoro autonomo) e 2229 (professioni intellettuali) del codice civile? Oppure vi è una “coabitazione” di elementi comuni al lavoro subordinato, autonomo ed intellettuale?
Il rapporto di lavoro in questione può essere iscrivibile nei c.d. contratti di lavoro parasubordinato.
Le prestazioni di lavoro autonomo possono effettuarsi mediante forma di collaborazione continuativa e coordinata nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive. Nel qual caso presentano maggiori elementi di somiglianza con il rapporto di lavoro subordinato che si svolge di regola in modo continuativo e si integra, oltre che coordinarsi, con l’attività e i fini perseguiti dal datore di lavoro.
Il lavoratore conserva la sua autonomia, nella iniziativa e nella gestione della prestazione, ma rimane legato al committente da un vincolo abbastanza stringente da metterlo in un condizione di relativa inferiorità e debolezza.8-9
6 Cass.sez.lav. 5 dicembre 1998, n.12357.
7 Cass.sez.lav. 11 settembre 2000, n.11936.
8 R. Scogliamiglio, Diritto del Lavoro, Jovene Editore, Napoli, 2000. P.113.
9 La giurisprudenza è sostanzialmente sulla stessa linea: ”Il rapporto di lavoro parasubordinato è caratterizzato dalla prestazione d’opera continuativa e coordinata, nonché prevalentemente personale e costituisce pur sempre una ipotesi di lavoro autonomo, che si differenzia dal lavoro subordinato per la mancanza del vincolo della subordinazione.”.( Cass.sez.lav. 2 marzo 1988, n.2216)
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Prendendo questa definizione generica dottrinale e calandola nella realtà contrattuale propria dell’ufficiale giudiziario l’interprete si rende conto di quanto si adatti al rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari.
E’ sufficiente pensare alle prestazioni poste in essere ed agli adempimenti compiuti da questi ultimi durante la esecuzione forzata in materia civile e, segnatamente, in costanza della esecuzione forzata specifica per obblighi di fare o non fare e di consegna e rilascio e, in particolare, alle attività conseguenti alla convalida di licenza o di sfratto.
L’autonomia di azione dell’ufficiale giudiziario è caratteristica della sua prestazione nella fase esecutiva civile.
L’ufficiale giudiziario è il vero e proprio dominus della esecuzione e il giudice della esecuzione è solo una comparsa.
L’autonomia decisionale, la sua insindacabile discrezionalità, il potere di chiamare la pubblica sicurezza o il fabbro, di nominare il custode, di fissare il termine di accesso senza interloquire con alcuno, anche potendolo anticipare, raffigurano una attività che contiene in essa tutti quei requisiti che normalmente si riscontrano nel lavoro autonomo10.
Anche l’orario di lavoro ”libero” conduce sulla stessa strada.
L’ufficiale giudiziario riceve dai privati o dallo Stato (pubblico ministero, organo giudicante, segreteria, cancelleria) la richiesta di effettuare una serie di atti.
Egli, nel rispetto di una propria organizzazione ed una propria gestione del tempo, ha l’obbligo di porre in essere quegli atti.
10 Cass.civ.sez.3, 19 dicembre 1980, n.06564:”Il potere, attribuito all’ufficiale giudiziario dagli artt.513 e 609 c.p.c., di richiedere l’assistenza della forza pubblica, ha natura discrezionale e il suo esercizio non lede il diritto dell’esecutato ed è insindacabile in sede di controllo di legittimità degli atti esecutivi….L’ufficiale giudiziario ha un proprio autonomo potere discrezionale e non è necessario alcun provvedimento del giudice.”.
Cass. civ , sez.I, 23 luglio 1969, n.2773: “l’ufficiale giudiziario è legato alla parte privata da un rapporto di carattere pubblicistico, che importa una autonomia funzionale”.
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Il suo compito è attingere il risultato. Ciò che interessa ai soggetti istanti è che egli realizzi lo scopo.
Il quomodo non interessa. Il come è lasciato alla autonomia ed alla discrezionalità “tecnica” dell’ufficiale giudiziario, all’interno dei paletti fissati dalla legislazione ed, eventualmente, dai provvedimenti del giudice dell’esecuzione.
Invero, qualsivoglia libero professionista deve porre in essere l’opus nel rispetto delle regole contrattuali liberamente concordate.
L’autonomia decisionale e la discrezionalità nella azione si incardinano in un rapporto sinallagmatico fra Stato e ufficiale giudiziario.
L’ufficiale giudiziario risulta essere, pertanto, una figura centaura, bifronte, in cui convivono elementi di subordinazione e di autonomia, in seno ad una cornice di corrispettività delle reciproche attribuzioni.
E’ questa promiscuità di elementi, di simultanea applicazione di regimi giuridici diversi, di compresenza dei requisiti strutturali dei contratti disciplinati dall’art.2094 c.c. e di quelli previsti dall’art.2222 c.c., che talora può produrre confusione nell’interprete e determinare difficoltà nella applicazione di istituti propri del rapporto di lavoro subordinato11 .
Per tale ragione il Legislatore ha ritenuto opportuno presentare un disegno di legge che fa compiere un definitivo salto professionale agli ufficiali giudiziari: dall’incertezza della equiparazione agli impiegati civili dello Stato e della parasubordinazione alla qualificazione degli stessi come liberi professionisti tout court.
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12 L’indennità di amministrazione si riconosce a seconda del numero dei giorni di presenza: quali sono i giorni di presenza di un ufficiale giudiziario se non ha un orario di lavoro prefissato e non firma alcun foglio di presenza?
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d) l’ufficiale giudiziario libero professionista
Il disegno di legge n. 2732 presentato dal Sen. Luciano Magnalbò configura un nuovo profilo di ufficiale giudiziario.
L’art.1, comma primo, istituisce la professione intellettuale dell’ufficiale giudiziario.
L’art.1, comma 3 e l’art.22 impongono l’iscrizione nella tabella dell’organico nazionale (id est un albo).
L’art.6 istituisce il Consiglio Nazionale degli ufficiali giudiziari.
L’art.10, comma 1, disciplinando la nomina adopera l’espressione “abilitazione all’esercizio della professione”, come qualsiasi altra professione autonoma (avvocato, ingegnere, architetto, etc.).
L’art.11 prevede un “esame”, per accedere alla inscrizione all’albo ed alla conseguente nomina ad ufficiale giudiziario.
L’art.13 facoltizza gli ufficiali giudiziari ad esercitare la loro attività in forme societarie ed associate, come può avvenire presso altre realtà libero professionali.
L’art.18, comma 1, prevede la istituzione dell’albo speciale per i praticanti.
Gli artt. 18,19, 20 e 21 prevedono la figura del praticante presso l’ufficiale giudiziario, figura esistente presso gli avvocati e d i notai.
Tutte queste disposizioni delineano con chiarezza una nuova figura di ufficiale giudiziario, libero professionista, il cui rapporto di lavoro, quindi, si iscrive a pieno titolo nelle professioni intellettuali.
Tale enunciato è partorito non solo dal nomen iuris, ossia dal contenuto dell’art.1, comma 1, che istituisce espressamente la figura dell’ufficiale giudiziario libero professionista, ma dalla connessione delle sopra citate norme, che evidenziano la sua trasformazione ontologica da lavoratore “equiparato agli impiegati civili dello Stato” o parasubordinato a libero professionista.
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A tale proposito l’art.12 pre-leggi c.c. appresta uno strumento idoneo per la corretta interpretazione della legge, tramite una valutazione complessiva e coerente del dettato: l’interprete non deve limitarsi ad una mera considerazione delle singole previsioni ciascuna staccata dall’altra. La ricostruzione della legge deve essere compiuta intorno all’oggetto specifico dell’intervento e della disciplina legislativa.
Infatti, a titolo esemplificativo, la previsione della istituzione di un “albo” e di una inscrizione in esso a seguito del positivo superamento dell’esame – che è un vero e proprio esame di Stato in luogo delle attuali procedure concorsuali– appalesa che le vicende lavorative dell’ufficiale giudiziario rientrano de facto nell’ambito di applicazione dell’art.2229 c.c .
La giurisprudenza di legittimità a tale riguardo è stata lucidissima.
Nella categoria generale delle professioni intellettuali, solo quelle determinate dalla legge sono tipizzate ed assoggettate all’iscrizione in albi ed elenchi. All’infuori di queste, vi sono prestazioni di contenuto professionale od intellettuale non specificamente caratterizzate, che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo.12
Pertanto le “norme di riferimento” sono rappresentate dall’art.2229 c.c. e seguenti mentre gli artt. 2222 c.c. ss. vi rientrano solo per relationem.
La regolamentazione della professione intellettuale dell’ufficiale giudiziario, una volta entrato in vigore il d.d.l. 2732 non sarà più dettata dal D.P.R. 1229/59 e dai Contratti Collettivi ma, oltre che dalla normativa codicista civile, dal o dai decreti legislativi che il Governo dovrà adottare a seguito della delega prevista dall’art.30.
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e) conclusioni
L’art. 2, comma 2, indica gli atti riservati in via esclusiva all’ufficiale giudiziario, a cui si aggiungono le funzioni demandategli dalla parte o di ufficio dal giudice. Da tale elencazione debbono essere eccettuate quelle attività residuali attribuite agli uffici di notificazione istituiti dal disegno di legge presso le Corti di Appello e i Tribunali, composti dagli ufficiali giudiziari attualmente inquadrati nelle posizioni economiche B3 e C1 che non hanno optato per la libera professione13.
Le competenze sono di più ampio respiro, dovendo l’ufficiale giudiziario adempiere ad incombenze oggi esercitate della autorità giudiziaria, dal cancelliere , dal notaio, da altri pubblici ufficiali, dalla polizia di pubblica sicurezza o da altro soggetto che gravita intorno al processo civile o penale.
Tale innovazione si pone in linea con lo spirito del disegno di legge n.245714 sulla istituzione del funzionario giudiziario.
I disegni di legge nn. 2457 e 2732; l’art. 17 bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, inserito dall’art.7, comma 3, della legge 15 luglio 2002, n.145, che ha immesso nel tessuto ordinamentale amministrativo l’area della vicedirigenza; l’art.11, comma 2, lettere a) b) del disegno di legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario approvato al Senato della Repubblica il 21 gennaio 2004, riguardante la creazione delle Direzioni Generali regionali ed interregionali per la gestione del personale, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali, dei beni, dei
12 Cass.sez.2, 26 agosto 1993,n.09019.
13 Gli ufficiali giudiziari C1 non optanti saranno inquadrati nella posizione economica C3 e preposti agli istituendi uffici di notificazione; gli ufficiali giudiziari B3 non optanti diventeranno C2 e saranno competenti presso queste nuove strutture per quanto afferisce la notifica dei biglietti di cancelleria e la attività di notificazione degli atti posti a carico dello Stato ovvero richiesti dagli uffici giudiziari in relazione al processo penale, al rito del lavoro, al gratuito patrocinio, al campione civile e al campione penale. Per poter accedere a queste posizioni economiche superiori – per giunta con il c.d. doppio salto – il personale ha l’obbligo di partecipare a corsi di riqualificazione e di formazione, nel rispetto delle sentenze della Corte Costituzionale del 21 gennaio 1999, n.1 e del 29 maggio 2002, n. 218.
14 V. “Il Mondo Giudiziario”, n.46/2003
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servizi e della statistica; l’art.2, lettera r) nn.2)3)4)) dello stesso testo relativo alla formale attribuzione di importanti e numerose competenze ai dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, disegnano un nuovo quadro di rapporti fra giurisdizione e amministrazione della giustizia, caratterizzato da un riequilibro ed una armonizzazione dei poteri, delle funzioni e delle competenze a favore dell’apparato amministrativo (dirigenti di prima e seconda fascia; funzionari) ed un ridimensionamento in melius del problema decennale della c.d. “doppia dirigenza”.
Dott. prof. Fabrizio Giulimondi.
componente del gruppo di lavoro per la redazione del d.d.l. n. 2732 16
Il legislatore romano aveva individuato e distinto le attività attinenti alla “amministrazione della giustizia”, da quelle che più propriamente costituivano esercizio di giurisdizione .
La consapevolezza della diversità delle funzioni cui era chiamato chi eseguiva un ordine del giudice rispetto a chi assisteva alle udienze, aveva di fatto determinato una distinzione di funzioni al cui esercizio potevano accedere soggetti di diversa preparazione e adeguata capacità.
L’ordinamento romano, quindi, conosceva diverse figure a cui corrispondevano diverse attribuzioni: gli accensi avevano il compito di introdurre le parti dinanzi al pretore e di garantire l’ordine pubblico nelle udienze; i praecones provvedevano alla citazione dell’imputato e dei testimoni nel processo penale, assistevano alle aste gridando le offerte; gli apparitores, poi definiti executores litium, avevano il delicato compito di cooperare con il magistrato e di portare ad esecuzione le sentenze; da ultimo i viatores svolgevano funzioni da usciere.
Durante i secoli la nozione di ufficiale giudiziario fu confusa con altre apparentemente simili, ma in realtà del tutto estranee, consegnandola a noi come un ibrido in perenne ricerca di definitiva qualificazione.
La destinazione tra gli huissiers, uscieri che prestavano servizio interno ai tribunali e i sergentes incaricati della notificazione degli atti e de ville dell’esecuzione delle sentenze, opportunamente mantenuta dall’antico
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diritto francese, si generalizzò nella denominazione di “usciere” e giunse così, confusa, alla legislazione successiva del XIX secolo presa per lo più a modello dagli stati italiani prima dell’unificazione.
Con l’unificazione l’ordinamento degli uscieri, modellato sulla legislazione francese, si uniformò alla legislazione piemontese e, pur mantenendo la denominazione di “usciere”, ad essi il R.D. 6 dicembre 1865 n. 2626 demandò sia le funzioni di notificazione e di esecuzione che quelle di assistenza alle udienze.
La denominazione di ufficiale giudiziario è relativamente recente. Essa risale alla legge 21/12/1902 n. 528 la quale la adottò per gli ufficiali incaricati delle notificazioni presso le Corti, i Tribunali e le Preture sostituendola a quella di usciere.
Tale disposizione normativa, prendendo atto della importanza e della delicatezza delle funzioni svolte dagli ufficiali giudiziari, previde per la nomina di essi maggiori requisiti sia culturali che morali.
La stessa legge, in deroga al divieto dell’ordinamento del 1865 che prevedeva pene pecuniarie per “l’usciere” che si avvalesse di altre persone per compiere gli atti richiestigli, con l’art. 12 istituì la figura dei commessi, di cui l’ufficiale giudiziario poteva usufruire, sotto la propria responsabilità, per i lavori interni dell’ufficio e per l’assistenza alle udienze.
Il termine di “usciere” fu invece relegato a designare i messi comunali delegati per il servizio delle notificazioni giudiziarie presso i conciliatori.
Con la successiva legge del 19 marzo 1911 n. 201, gli ufficiali giudiziari furono equiparati , a determinati effetti, agli impiegati statali e fu attribuita loro una indennità a titolo di supplemento dei proventi se inferiori ad un minimo previsto.
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Il Legislatore successivo tentò di armonizzare la materia con il R.D. 28 dicembre 1924 n. 2271, che raccolse in un testo organico l’ordinamento degli ufficiali giudiziari degli uscieri giudiziari e del personale addetto agli uffici di conciliazione, ma l’impegno profuso fu vanificato dalla tutela di diversi, più cogenti, interessi.
Altre importanti innovazioni l’ordinamento degli ufficiali le ha registrate con il decreto legislativo luogotenenziale 5 maggio 1947 n. 380, che istituì la figura dell’ufficiale giudiziario dirigente in quegli uffici cui fossero addetti due o più ufficiali giudiziari.
All’ufficiale giudiziario dirigente venne affidata la direzione e l’organizzazione del lavoro negli uffici.
Con lo stesso decreto, in considerazione del grado di autonomia e della indipendenza delle mansioni proprie dell’ufficiale giudiziario rispetto al cancelliere, si stabilì che l’ufficiale giudiziario fosse posto sotto il diretto controllo del magistrato che dirigeva l’ufficio.
La incertezza e la confusione delle tante norme che continuarono ad essere emanate, le conseguenze della guerra, la instabilità del rapporto di lavoro, imposero ben presto un più incisivo ripensamento dell’intera materia.
Il Ministro della Giustizia presentò, allora, alla Camera dei Deputati un nuovo progetto con lo scopo, come si legge nella relazione del Ministro Piccioni del 24 febbraio 1950, di “riunire in un testo unico, coordinandole ed integrandole, le varie norme disseminate in numerosi provvedimenti che si sono ininterrottamente succeduti dal lontano 1865 fino ad oggi” e di fare “un passo avanti verso la definitiva sistemazione del personale degli ufficiali giudiziari, da effettuarsi con l’inquadramento della categoria nei ruoli dell’Amministrazione dello Stato.
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Il testo, tradotto in legge il 18 ottobre 1951 (n.1128), attribuiva ai commessi in servizio la denominazione di aiutanti ufficiali giudiziari e istituiva una nuova figura di ausiliari nell’ordine giudiziario.
Con la legge 18 ottobre 1951 n. 1128 furono costituiti Uffici Unici presso le Corti di Appello delle sedi capoluogo di distretto e presso i Tribunali delle sedi capoluogo di circondario e furono determinati i limiti territoriali di competenza dell’ufficiale giudiziario nel mandamento in cui aveva sede l’ufficio al quale egli era addetto.
La materia, soggetta, come fin qui evidenziato, ad una continua quanto disorganica produzione normativa, con l’avvento del nuovo statuto degli impiegati civili dello Stato (D.P.R. 10 gennaio 1957, n.3) mostrò tutta la sua inadeguatezza.
La legge 27 febbraio 1958 n. 162 ha delegato il Governo a “…raccogliere in un testo unico……le vigenti disposizioni sull’ordinamento degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti, apportandovi le modifiche richieste dal loro coordinamento con le norme ….. nonché le altre modificazioni necessarie per garantire il regolare ed efficiente espletamento dei servizi, ferme rimanendo le attuali qualifiche, attribuzioni e funzioni”.
E’ stato così emanato il D.P.R. 15 dicembre 1959 n° 1229 idoneo ancora oggi, in alcune sue disposizioni, a disciplinare il personale in questione.
Solo alcuni articoli rimangono in vigore in quanto oramai la disciplina del rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari è retta prevalentemente dalle norme pattizie siglate fra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e l’A.R.A.N. per la contrattazione nazionale e le singole Amministrazioni Pubbliche per la contrattazione decentrata integrativa.
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Infatti il pluririformato testo del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n.29, privatizzando – come si suol dire – il rapporto di pubblico impiego, ha consegnato la sua disciplina non più alle leggi ed ai regolamenti mai ai contratti nazionali di lavoro.
In particolar modo l’art.2 comma 3 del d.lgs 29/93, così come sostituito prima dall’art.2 del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n.546, poi dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80 ed inserito nell’art.1 del Testo Unico sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche (d.lgs. 30 marzo 2001, n.165), ha stabilito che i rapporti individuali di lavoro dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche (fra cui rientrano gli ufficiali giudiziari, così come sancito dalla giurisprudenza amministrativa ed ordinaria) sono regolati contrattualmente.
Tale mutamento di fonte ha travolto la più gran parte delle disposizioni della D.P.R. 1229/59.
La disciplina attuale del rapporto di lavoro subordinato – rectius parasubordinato come di qui a poco si sosterrà - rientra nell’ambito di applicazione dei seguenti accordi sindacali: Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il Comparto Ministeri del 3 marzo 1995, integrato in alcune sue parti dall’Accordo Nazionale del 22 ottobre 1997; Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il Comparto Ministeri del 6 febbraio 1999; Contratto integrativo per i dipendenti della Amministrazione Giudiziaria del 5 aprile 2000; Contratto Integrativo Nazionale del 16 maggio 2001; Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo alle norme di raccordo per gli ufficiali giudiziari del 24 aprile 2002; e, infine, il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i dipendenti del Comparto Ministeri del 3 luglio 2003.
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b) l’ufficiale giudiziario in Europa.
A differenza dei paesi Scandinavi, che possiedono un ordinamento degli Ufficiali Giudiziari simile a quello italiano, in Francia, in Belgio, in Olanda , in Lussemburgo, in Polonia, in Ungheria, in Slovacchia, nella Repubblica Ceca, in Austria e in Romania gli Ufficiali Giudiziari svolgono la loro attività seguendo uno statuto liberale.
L’ordinamento francese approvando la riforma del processo esecutivo nel 1994 ha collocato l’hussier de justice al centro del processo di esecuzione con attribuzioni tali che ne costituiscono garanzia di funzionalità ed efficienza, assegnandogli molte competenze in via esclusiva.
Lo hussier de justice è un privato che svolge pubbliche funzioni con organizzazione libero-professionale e possiede la qualifica di pubblico ufficiale.
In Germania i “gerichtsvollzieher” operano sulla base di uno statuto misto, secondo cui, nonostante siano agenti amministrativi, essi beneficiano di un certo numero di vantaggi generalmente accordati agli ufficiali giudiziari liberali.
Nel Regno Unito, a seconda dei casi, i soggetti che hanno l’incarico di rimettere gli atti e di adempiere alle esecuzioni giudiziarie sono sia liberi professionisti sia funzionari pubblici. In particolare la legislazione scozzese iscive l’ufficiale giudiziario nell’ambito dei liberi professionisti, assegnandogli anche lo status di pubblico ufficiale.
Similmente alla Francia e alla Scozia, anche il Belgio, l’Olanda e il Lussemburgo considerano l’ufficiale giudiziario un libero professionista con la qualifica di pubblico ufficiale.
In Ungheria e Polonia l’ufficiale giudiziario è un libero professionista non riconosciuto in quanto ha competenze solamente sulle esecuzioni.
In Spagna l’esecuzione è teoricamente assicurata dal magistrato che ha preso la decisione ma in realtà è il funzionario, una sorta di impiegato di cancelleria che lo sostituisce.
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c) la natura giuridica del rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario.
La giurisprudenza qualifica il rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario come rapporto di pubblico impiego.
La lettura attenta delle pronunce del Consiglio di Stato e della Cassazione indicano che la corretta espressione per valutare il rapporto lavorativo dell’ufficiale giudiziario non è quella di dipendente dello Stato a tutti gli effetti, ma di equiparato agli impiegati civili dello Stato: ancor meglio, personale equiparato agli impiegati civili dello Stato per alcuni determinati effetti e per l’applicazione di alcuni istituti.
La Cassazione a Sezione Unite ha reiteratamente ribadito la natura pubblicistica del rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario.
Le sezioni unite della Corte di Cassazione del 5 ottobre 1978, n.4425 hanno affermato: “il rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari e degli aiutanti ufficiali giudiziari( ndr profili professionali non più esistenti.1 ) è un rapporto di pubblico impiego.
Le sezioni unite della Corte di Cassazione del 6 febbraio 1979, n.782 hanno enunciato la seguente massima: “…il rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari….., atteso che le prestazioni rese dai predetti soggetti, in quanto stabilmente inserite nell’ambito della organizzazione pubblicistica della Amministrazione della Giustizia , integrano, ai fini della giurisdizione, un rapporto di pubblico impiego.”.
Il Consiglio di Stato, sezione IV del 16 maggio 1991, n.389, ha affermato:” gli ufficiali giudiziari, in quanto iscritti nella organizzazione dello Stato in base ad un atto formale di nomina2 sono impiegati civili dello Stato e
1 Con il C.C.N.L. del 1999 l’ufficiale giudiziario è una figura unica suddivisa nelle pozioni economiche B3 e C1.
2 La sentenza del Consiglio di Stato è stata adottata precedentemente alla contrattualizzazione del rapporto. Mentre dal 1995 il rapporto lavorativo si instaura in modo paritario e pattizio, tramite contratto individuale stipulato fra l’Amministrazione ed il lavoratore, precedentemente l’incardinazione nella compagine amministrativa avveniva con un provvedimento amministrativo autoritativo e unilaterale. La volontà della controparte fungeva da condicio iuris.
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quindi, per quanto non previsto dal loro speciale ordinamento, si deve applicare anche a loro lo statuto generale degli impiegati civili dello Stato, qualora le caratteristiche peculiari dell’attività da essi svolte non giustifichino un trattamento differenziato rispetto a quello degli altri impiegati civili dello Stato.”.
Tale pronuncia evidenzia con palmare evidenza l’equiparazione per la più gran parte degli istituti del regime lavorativo degli impiegati dello Stato a quello degli ufficiali giudiziari.
Equiparazione, non identità.
La stessa pronuncia mette in evidenza l’applicabilità dello statuto generale degli impiegati civili dello Stato per quanto non previsto dal loro ordinamento speciale3 e in quanto non incompatibile con le peculiari connotazioni della attività lavorativa degli ufficiali giudiziari.
Il collegamento di questa sentenza con una pronuncia precedente pone ancora più in luce l’equiparazione ma non l’identità. Il Consiglio di Stato, sez. IV dell’11 maggio 1982, n.282 ha affermato: “ lo status degli ufficiali giudiziari….e le caratteristiche delle loro funzioni sono tali che ad essi non sono applicabili le norme relative all’orario di ufficio dei pubblici dipendenti”.”
Tale “diversità” per quanto attiene l’orario di lavoro è stata rimarcata venti anni dopo dall’art.7 del C.C.N.L del 2002( norme di raccordo relative all’ufficiale giudiziario), che recita così: “Gli ufficiali giudiziari assicurano la propria presenza in servizio ed organizzano il proprio tempo di lavoro correlandosi con la massima flessibilità alle esigenze connesse all’espletamento degli incarichi loro affidati.”.
Lo stesso art.1, comma 2 del C.C.N.L. del 1999 applica il contenuto dell’Accordo anche “al personale UNEP dell’Amministrazione giudiziaria,
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salvo eventuali norme di raccordo per l’adeguamento della disciplina di particolari istituti.”4
Oltre alla già citata “libertà” nella gestione del proprio tempo di lavoro, altro istituto applicato in maniera differente rispetto agli impiegati civili dello Stato è quello del part time, che è usufruibile solamente in forma verticale.
Il combinato disposto delle decisioni della giurisprudenza ordinaria e amministrativa e delle disposizioni degli accordi collettivi conducono l’interprete ad andare oltre la mera equiparazione con il regime degli impiegati civili dello Stato.
Equiparazione vuole significare che alcuni istituti (la maggior parte) che governano il lavoro subordinato pubblico sono applicabili agli ufficiali giudiziari (ad esempio: malattie, ferie, gravidanza e puerperio, procedimento disciplinare), mentre per altre vicende del rapporto, come l’orario di lavoro o alcune voci retributive (indennità di trasferta e diritti) tale applicazione non sussiste. L’assenza di un orario di lavoro e il riconoscimento di alcune voci di reddito aliene ad un vincolo di subordinazione con lo Stato - rectius svincolate dallo Stato stesso e legate ad un rapporto con un privato5 - sono la cartina di tornasole della esistenza di elementi propri del lavoro autonomo e/o professionale.
Con riguardo alle prestazioni di contenuto intellettuali dell’ufficiale giudiziario, l’accertamento della natura autonoma o subordinata del rapporto va desunto esclusivamente dalla posizione tecnico-gerarchica in
3 Al momento della pronuncia la disciplina del rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari era rappresentata solamente dal D.P.R. 1229/59. Successivamente una gran parte di questo testo è stato sostituito dai contratti collettivi di lavoro, come sopra già rappresentato.
4 Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo alle norme di raccordo per gli ufficiali giudiziari del 24 aprile 2002
5 L’avvocato istante paga l’indennità di trasferta e i diritti, confluendo questi ultimi nel minimo garantito che viene integrato dallo Stato in caso esso non sia raggiunto(il minimo garantito è riconosciuto, ad esempio, anche dalla Cassa Nazionale del Notariato in determinate ipotesi).
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cui si trovi il personale in parola, in correlazione ad un potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce all’intrinseco svolgimento delle prestazioni .6
Quale è la posizione tecnico-gerarchica dell’ufficiale giudiziari?
La giurisprudenza7 afferma che i requisiti determinanti ai fini della distinzione del lavoro subordinato in relazione a quello autonomo sono ravvisabili nell’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro. Questi requisiti sono esistenti e compresenti nel rapporto di lavoro dell’ufficiale giudiziario? O sono individuabili in esso quelli dettati dagli artt.2222 (lavoro autonomo) e 2229 (professioni intellettuali) del codice civile? Oppure vi è una “coabitazione” di elementi comuni al lavoro subordinato, autonomo ed intellettuale?
Il rapporto di lavoro in questione può essere iscrivibile nei c.d. contratti di lavoro parasubordinato.
Le prestazioni di lavoro autonomo possono effettuarsi mediante forma di collaborazione continuativa e coordinata nell’ambito dei contratti a prestazioni corrispettive. Nel qual caso presentano maggiori elementi di somiglianza con il rapporto di lavoro subordinato che si svolge di regola in modo continuativo e si integra, oltre che coordinarsi, con l’attività e i fini perseguiti dal datore di lavoro.
Il lavoratore conserva la sua autonomia, nella iniziativa e nella gestione della prestazione, ma rimane legato al committente da un vincolo abbastanza stringente da metterlo in un condizione di relativa inferiorità e debolezza.8-9
6 Cass.sez.lav. 5 dicembre 1998, n.12357.
7 Cass.sez.lav. 11 settembre 2000, n.11936.
8 R. Scogliamiglio, Diritto del Lavoro, Jovene Editore, Napoli, 2000. P.113.
9 La giurisprudenza è sostanzialmente sulla stessa linea: ”Il rapporto di lavoro parasubordinato è caratterizzato dalla prestazione d’opera continuativa e coordinata, nonché prevalentemente personale e costituisce pur sempre una ipotesi di lavoro autonomo, che si differenzia dal lavoro subordinato per la mancanza del vincolo della subordinazione.”.( Cass.sez.lav. 2 marzo 1988, n.2216)
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Prendendo questa definizione generica dottrinale e calandola nella realtà contrattuale propria dell’ufficiale giudiziario l’interprete si rende conto di quanto si adatti al rapporto di lavoro degli ufficiali giudiziari.
E’ sufficiente pensare alle prestazioni poste in essere ed agli adempimenti compiuti da questi ultimi durante la esecuzione forzata in materia civile e, segnatamente, in costanza della esecuzione forzata specifica per obblighi di fare o non fare e di consegna e rilascio e, in particolare, alle attività conseguenti alla convalida di licenza o di sfratto.
L’autonomia di azione dell’ufficiale giudiziario è caratteristica della sua prestazione nella fase esecutiva civile.
L’ufficiale giudiziario è il vero e proprio dominus della esecuzione e il giudice della esecuzione è solo una comparsa.
L’autonomia decisionale, la sua insindacabile discrezionalità, il potere di chiamare la pubblica sicurezza o il fabbro, di nominare il custode, di fissare il termine di accesso senza interloquire con alcuno, anche potendolo anticipare, raffigurano una attività che contiene in essa tutti quei requisiti che normalmente si riscontrano nel lavoro autonomo10.
Anche l’orario di lavoro ”libero” conduce sulla stessa strada.
L’ufficiale giudiziario riceve dai privati o dallo Stato (pubblico ministero, organo giudicante, segreteria, cancelleria) la richiesta di effettuare una serie di atti.
Egli, nel rispetto di una propria organizzazione ed una propria gestione del tempo, ha l’obbligo di porre in essere quegli atti.
10 Cass.civ.sez.3, 19 dicembre 1980, n.06564:”Il potere, attribuito all’ufficiale giudiziario dagli artt.513 e 609 c.p.c., di richiedere l’assistenza della forza pubblica, ha natura discrezionale e il suo esercizio non lede il diritto dell’esecutato ed è insindacabile in sede di controllo di legittimità degli atti esecutivi….L’ufficiale giudiziario ha un proprio autonomo potere discrezionale e non è necessario alcun provvedimento del giudice.”.
Cass. civ , sez.I, 23 luglio 1969, n.2773: “l’ufficiale giudiziario è legato alla parte privata da un rapporto di carattere pubblicistico, che importa una autonomia funzionale”.
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Il suo compito è attingere il risultato. Ciò che interessa ai soggetti istanti è che egli realizzi lo scopo.
Il quomodo non interessa. Il come è lasciato alla autonomia ed alla discrezionalità “tecnica” dell’ufficiale giudiziario, all’interno dei paletti fissati dalla legislazione ed, eventualmente, dai provvedimenti del giudice dell’esecuzione.
Invero, qualsivoglia libero professionista deve porre in essere l’opus nel rispetto delle regole contrattuali liberamente concordate.
L’autonomia decisionale e la discrezionalità nella azione si incardinano in un rapporto sinallagmatico fra Stato e ufficiale giudiziario.
L’ufficiale giudiziario risulta essere, pertanto, una figura centaura, bifronte, in cui convivono elementi di subordinazione e di autonomia, in seno ad una cornice di corrispettività delle reciproche attribuzioni.
E’ questa promiscuità di elementi, di simultanea applicazione di regimi giuridici diversi, di compresenza dei requisiti strutturali dei contratti disciplinati dall’art.2094 c.c. e di quelli previsti dall’art.2222 c.c., che talora può produrre confusione nell’interprete e determinare difficoltà nella applicazione di istituti propri del rapporto di lavoro subordinato11 .
Per tale ragione il Legislatore ha ritenuto opportuno presentare un disegno di legge che fa compiere un definitivo salto professionale agli ufficiali giudiziari: dall’incertezza della equiparazione agli impiegati civili dello Stato e della parasubordinazione alla qualificazione degli stessi come liberi professionisti tout court.
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12 L’indennità di amministrazione si riconosce a seconda del numero dei giorni di presenza: quali sono i giorni di presenza di un ufficiale giudiziario se non ha un orario di lavoro prefissato e non firma alcun foglio di presenza?
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d) l’ufficiale giudiziario libero professionista
Il disegno di legge n. 2732 presentato dal Sen. Luciano Magnalbò configura un nuovo profilo di ufficiale giudiziario.
L’art.1, comma primo, istituisce la professione intellettuale dell’ufficiale giudiziario.
L’art.1, comma 3 e l’art.22 impongono l’iscrizione nella tabella dell’organico nazionale (id est un albo).
L’art.6 istituisce il Consiglio Nazionale degli ufficiali giudiziari.
L’art.10, comma 1, disciplinando la nomina adopera l’espressione “abilitazione all’esercizio della professione”, come qualsiasi altra professione autonoma (avvocato, ingegnere, architetto, etc.).
L’art.11 prevede un “esame”, per accedere alla inscrizione all’albo ed alla conseguente nomina ad ufficiale giudiziario.
L’art.13 facoltizza gli ufficiali giudiziari ad esercitare la loro attività in forme societarie ed associate, come può avvenire presso altre realtà libero professionali.
L’art.18, comma 1, prevede la istituzione dell’albo speciale per i praticanti.
Gli artt. 18,19, 20 e 21 prevedono la figura del praticante presso l’ufficiale giudiziario, figura esistente presso gli avvocati e d i notai.
Tutte queste disposizioni delineano con chiarezza una nuova figura di ufficiale giudiziario, libero professionista, il cui rapporto di lavoro, quindi, si iscrive a pieno titolo nelle professioni intellettuali.
Tale enunciato è partorito non solo dal nomen iuris, ossia dal contenuto dell’art.1, comma 1, che istituisce espressamente la figura dell’ufficiale giudiziario libero professionista, ma dalla connessione delle sopra citate norme, che evidenziano la sua trasformazione ontologica da lavoratore “equiparato agli impiegati civili dello Stato” o parasubordinato a libero professionista.
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A tale proposito l’art.12 pre-leggi c.c. appresta uno strumento idoneo per la corretta interpretazione della legge, tramite una valutazione complessiva e coerente del dettato: l’interprete non deve limitarsi ad una mera considerazione delle singole previsioni ciascuna staccata dall’altra. La ricostruzione della legge deve essere compiuta intorno all’oggetto specifico dell’intervento e della disciplina legislativa.
Infatti, a titolo esemplificativo, la previsione della istituzione di un “albo” e di una inscrizione in esso a seguito del positivo superamento dell’esame – che è un vero e proprio esame di Stato in luogo delle attuali procedure concorsuali– appalesa che le vicende lavorative dell’ufficiale giudiziario rientrano de facto nell’ambito di applicazione dell’art.2229 c.c .
La giurisprudenza di legittimità a tale riguardo è stata lucidissima.
Nella categoria generale delle professioni intellettuali, solo quelle determinate dalla legge sono tipizzate ed assoggettate all’iscrizione in albi ed elenchi. All’infuori di queste, vi sono prestazioni di contenuto professionale od intellettuale non specificamente caratterizzate, che ben possono essere oggetto di rapporto di lavoro autonomo.12
Pertanto le “norme di riferimento” sono rappresentate dall’art.2229 c.c. e seguenti mentre gli artt. 2222 c.c. ss. vi rientrano solo per relationem.
La regolamentazione della professione intellettuale dell’ufficiale giudiziario, una volta entrato in vigore il d.d.l. 2732 non sarà più dettata dal D.P.R. 1229/59 e dai Contratti Collettivi ma, oltre che dalla normativa codicista civile, dal o dai decreti legislativi che il Governo dovrà adottare a seguito della delega prevista dall’art.30.
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e) conclusioni
L’art. 2, comma 2, indica gli atti riservati in via esclusiva all’ufficiale giudiziario, a cui si aggiungono le funzioni demandategli dalla parte o di ufficio dal giudice. Da tale elencazione debbono essere eccettuate quelle attività residuali attribuite agli uffici di notificazione istituiti dal disegno di legge presso le Corti di Appello e i Tribunali, composti dagli ufficiali giudiziari attualmente inquadrati nelle posizioni economiche B3 e C1 che non hanno optato per la libera professione13.
Le competenze sono di più ampio respiro, dovendo l’ufficiale giudiziario adempiere ad incombenze oggi esercitate della autorità giudiziaria, dal cancelliere , dal notaio, da altri pubblici ufficiali, dalla polizia di pubblica sicurezza o da altro soggetto che gravita intorno al processo civile o penale.
Tale innovazione si pone in linea con lo spirito del disegno di legge n.245714 sulla istituzione del funzionario giudiziario.
I disegni di legge nn. 2457 e 2732; l’art. 17 bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, inserito dall’art.7, comma 3, della legge 15 luglio 2002, n.145, che ha immesso nel tessuto ordinamentale amministrativo l’area della vicedirigenza; l’art.11, comma 2, lettere a) b) del disegno di legge delega sulla riforma dell’ordinamento giudiziario approvato al Senato della Repubblica il 21 gennaio 2004, riguardante la creazione delle Direzioni Generali regionali ed interregionali per la gestione del personale, dei sistemi informativi automatizzati, delle risorse materiali, dei beni, dei
12 Cass.sez.2, 26 agosto 1993,n.09019.
13 Gli ufficiali giudiziari C1 non optanti saranno inquadrati nella posizione economica C3 e preposti agli istituendi uffici di notificazione; gli ufficiali giudiziari B3 non optanti diventeranno C2 e saranno competenti presso queste nuove strutture per quanto afferisce la notifica dei biglietti di cancelleria e la attività di notificazione degli atti posti a carico dello Stato ovvero richiesti dagli uffici giudiziari in relazione al processo penale, al rito del lavoro, al gratuito patrocinio, al campione civile e al campione penale. Per poter accedere a queste posizioni economiche superiori – per giunta con il c.d. doppio salto – il personale ha l’obbligo di partecipare a corsi di riqualificazione e di formazione, nel rispetto delle sentenze della Corte Costituzionale del 21 gennaio 1999, n.1 e del 29 maggio 2002, n. 218.
14 V. “Il Mondo Giudiziario”, n.46/2003
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servizi e della statistica; l’art.2, lettera r) nn.2)3)4)) dello stesso testo relativo alla formale attribuzione di importanti e numerose competenze ai dirigenti amministrativi degli uffici giudiziari, disegnano un nuovo quadro di rapporti fra giurisdizione e amministrazione della giustizia, caratterizzato da un riequilibro ed una armonizzazione dei poteri, delle funzioni e delle competenze a favore dell’apparato amministrativo (dirigenti di prima e seconda fascia; funzionari) ed un ridimensionamento in melius del problema decennale della c.d. “doppia dirigenza”.
Dott. prof. Fabrizio Giulimondi.
componente del gruppo di lavoro per la redazione del d.d.l. n. 2732 16
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