Mentre mi accingevo a studiare una questione di ben altro tenore mi sono accorto per caso di una evidente anomalia normativa, che consente la condanna del giocatore di calcio Di Canio reo di aver compiuto il «saluto romano» durante una partita di calcio e non di una crocerossina in ordine allo stesso gesto. L’art. 38 R.D. 12 maggio 1942, n. 918 (Regolamento per il corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa Italiana) prevede al comma 1 che: «Quando siano in uniforme le infermiere volontarie sono tenute al saluto romano verso le proprie gerarchie».
Ovviamente si può pensare che tale disposizione non sia più in vigore in quanto prontamente abrogata: ma non è così! L’art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645 (Norme di attuazione della XII
disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione) (1) dispone al comma 1 la condanna per «chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partitofascista…».
È sanzionato penalmente con la reclusione sino a tre anni e con la multa da lire 400.000 a 1.000.000 chi pone in essere manifestazioni di stampo fascista, quindi anche il c.d. saluto romano, durante manifestazioni pubbliche o riunioni o comunque in presenza di situazioni
ove prevale l’elemento della pubblicità, della rilevanza «esterna» del proprio gesto. Se la crocerossina «fa il saluto romano» dinanzi un superiore in privato, all’interno delle mura del proprio ufficio, non commette alcun reato.
Un attento osservatore verifichi le note collegate all’art. 38 R.D. 918/1942 pubblicate in un qualsiasi codice: noterà che tale disposizione si ritiene abrogata a seguito della caduta del regime fascista. Ma la caduta di un regime, se non accompagnata da una legislazione abrogativa delle norme legate ideologicamente al regime stesso, non toglie affatto cittadinanza nell’ordinamento giuridico a quegli articoli. Centinaia sono state le leggi cui è stata dismessa in questi sessanta
anni la camicia nera per il tramite di abrogazioni legislative espresse o di interventi della Corte Costituzionale: in diritto una norma non è cancellata automaticamente con la caduta di un regime politico ma a seguito di una attenta azione normativa e giurisprudenziale espressa. È ovvio che dal 28 aprile 1945 nessuna infermiera volontaria si sente obbligata per forza di legge a fare il saluto romano dinanzi le gerarchie, e non invocherò certamente il brocardo latino dura lex sed
lex, ma è altrettanto vero che a tale distrazione — che si incardina nel caos normativo in cui galleggiano decine di migliaia di leggi italiane — il Legislatore è opportuno che metta rimedio, aggiungendo un terzo comma all’art. 5 della legge 645/1952 che preveda l’abrogazione esplicita dell’art. 38, comma 1, R.D. 918/1942.
Prof. Fabrizio Giulimondi
Ovviamente si può pensare che tale disposizione non sia più in vigore in quanto prontamente abrogata: ma non è così! L’art. 5 legge 20 giugno 1952, n. 645 (Norme di attuazione della XII
disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione) (1) dispone al comma 1 la condanna per «chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partitofascista…».
È sanzionato penalmente con la reclusione sino a tre anni e con la multa da lire 400.000 a 1.000.000 chi pone in essere manifestazioni di stampo fascista, quindi anche il c.d. saluto romano, durante manifestazioni pubbliche o riunioni o comunque in presenza di situazioni
ove prevale l’elemento della pubblicità, della rilevanza «esterna» del proprio gesto. Se la crocerossina «fa il saluto romano» dinanzi un superiore in privato, all’interno delle mura del proprio ufficio, non commette alcun reato.
Un attento osservatore verifichi le note collegate all’art. 38 R.D. 918/1942 pubblicate in un qualsiasi codice: noterà che tale disposizione si ritiene abrogata a seguito della caduta del regime fascista. Ma la caduta di un regime, se non accompagnata da una legislazione abrogativa delle norme legate ideologicamente al regime stesso, non toglie affatto cittadinanza nell’ordinamento giuridico a quegli articoli. Centinaia sono state le leggi cui è stata dismessa in questi sessanta
anni la camicia nera per il tramite di abrogazioni legislative espresse o di interventi della Corte Costituzionale: in diritto una norma non è cancellata automaticamente con la caduta di un regime politico ma a seguito di una attenta azione normativa e giurisprudenziale espressa. È ovvio che dal 28 aprile 1945 nessuna infermiera volontaria si sente obbligata per forza di legge a fare il saluto romano dinanzi le gerarchie, e non invocherò certamente il brocardo latino dura lex sed
lex, ma è altrettanto vero che a tale distrazione — che si incardina nel caos normativo in cui galleggiano decine di migliaia di leggi italiane — il Legislatore è opportuno che metta rimedio, aggiungendo un terzo comma all’art. 5 della legge 645/1952 che preveda l’abrogazione esplicita dell’art. 38, comma 1, R.D. 918/1942.
Prof. Fabrizio Giulimondi
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