“Custodire dei
sogni a volte, ti aiuta a vivere. Ti aiuta a rialzarti quando inciampi, nelle
innumerevoli difficoltà del tuo cammino. E ti aiuta nei momenti in cui perdi la
speranza per il futuro.”.
Iniziano così le conclusioni dell’opera prima di Simona Matzeu “La mia vita in uno sguardo” (ilmiolibro.it Gruppo Editoriale
L’Espresso s.p.a.), breve racconto
autobiografico che dimostra che in 65 pagine si possono esprimere grandi
emozioni, grandi sentimenti e si può intraprendere un percorso terapeutico. Scrivere
può essere salvifico e forse per la nostra Autrice lo è stato, specie quando
per trentanove anni ha cercato il padre, perché quella assenza non poteva più
rimanere tale, non poteva più continuare a segnare una adolescenza, una
gioventù e una esistenza tormentata, malessere affievolito, addolcito e
rinfrescato dalla presenza di una amica, amica vera, amica che c’è, sempre,
sino alla morte.
Questa storia toccante e vera, lacrime e risa vere, gioia, urla e
felicità vissute che si fondono nelle pagine divenendo inchiostro, è da
leggere, perché è la più alta e nobile dimostrazione che un bambino ha bisogno
del padre e della madre e non può subire
la loro escissione: la mancanza di uno dei due comporterà una mutilazione che
continuerà a sanguinare finché non avverrà la ricongiunzione. Il padre, la
madre, i figli: una caro, la stessa
carne, una sola cosa, un unicum
La narrazione termina con una citazione del grande scrittore argentino Paulo
Coelho. Mi permetto di aggiungerne una io, tratta da uno dei suoi più bei libri
Lo Zahir: ” Lo zahir è un pensiero
che all’inizio ti sfiora appena e finisce per essere la sola cosa a cui riesci
a pensare. Il mio zahir ha un nome e il suo nome” sono Giuseppe, Loredana,
Monica, Melissa…e Giulia.
Fabrizio Giulimondi
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