Alle Scuderie del Quirinale a
Roma Vi consiglio vivamente la bella mostra su (Vecellio) Tiziano (1490-1576), dal 5
marzo al 16 giugno.
Può apparire un volo pindarico, ma gli ultimi pictures at an exhibition commentati sul cubismo - all’interno di questa stessa Rubrica - e l’arte tizianesca sono strettamente uniti
fra loro, come Rodolfo Allucchini nel 1969 ha ben messo in luce: “Nell’opera pittorica tizianesca, realizzata
nell’arco di un sessantennio, si avvicendano due civiltà: si potrebbe dire
quella di Ariosto e l’altra dello Shakespeare. Il codice espressivo tizianesco
a sua volta sarà di base alla civiltà pittorica occidentale, che dal Rubens e
dal Velazquez si conclude nel nostro secolo con l’avvento del cubismo.”.
Il pensiero di Allucchini indica un percorso di verità: Tiziano è stato
l’artista delle arti figurative che più ha influenzato le opere nei secoli
successivi, a partire da Rembrandt, sino ad entrare con il cubismo nei primi decenni del XX secolo: “Fu non solo divino come il mondo lo reputava,
ma come un dio e senza pari”, come disse
Ludovico Dolce nel 1957.
Essere ritratti da Tiziano significava entrare a far parte della schiera
degli immortali. Come potrete ammirare al secondo piano delle Scuderie del
Quirinale, la ritrattistica evidenzia la particolare attenzione di Tiziano per
lo studio psicologico del soggetto rappresentato, tanto che il Primo Pittore,
come lo qualificò l’imperatore Carlo V,
è stato celebrato e ricercato più di qualunque altro, rappresentando
egli il vertice di una tradizione
formatasi su tre generazioni di pittori veneziani.
Passeggiando per gli austeri
saloni ove la mostra è allestita, godrete della visione di pale e tele
magnificenti e non potrete non condividere le riflessioni con le quali Anton Maria Zanetti nel 1771 commentò le opere realizzate fra il 1530 e il 1560 (c.d.
periodo sacro), le quali conservano “l’idea della verità in ogni oggetto”;
perseguono “la vaghezza delle tinte”;
danno “forza alle carni”;
abbelliscono la realtà ”dentro i confini
del vero”.
Il colore. La luce. Tiziano ne è veramente il Maestro indiscusso,
discepolo di Giorgione (oltre ad avere la sua produzione figurativa basi
fondanti su quella fiamminga e, segnatamente, in Bosch, a cui ho dedicato in precedenza una
recensione sempre in questa Rubrica), che influì sulla Riforma Tonale del
colore nel ventennio 1510-1520: il colore modulato dalla luce struttura sia le
forme che i volumi; i colori, specie il nero, il bianco e il rosso, attraversati da fasci di luce; la ricchezza
della varietà del rosso amaranto, carminio, borgogna, corallo, cremisi,
granata, porpora, mattone, pompeiano, scarlatto, che incanta gli occhi e, attraverso di essi,
il cuore e l’anima del visitatore.
Colore e luce. Luce e colore. Inscindibilmente connessi. La luce penetra
nel colore, le cui tinte assumono variegate e multiformi sfaccettature in virtù
della luce. Ecco il fenomeno del “fiato del colore”: la luce impregna di un
baluginio dorato le carni dei personaggi raffigurati, come nella Danae e la pioggia di monete nell’ultima
sala al secondo piano dell’edificio.
La luce sembra reale, sgorgante da lampade inesistenti ai lati delle
tele, esempio fra tutti lo
straordinario Martirio di San
Lorenzo, appena entrate nella prima sala al pian terreno, ove il corpo martoriato del
Santo nella parte bassa della pittura è illuminato da una luce intensa, che
induce chiunque a cercare l’origine esterna di tale forte chiarore, che invero esplode
dall’interno, avendo la sua fonte nello Spirito Santo che squarcia il buio
delle tenebre nella parte superiore del quadro.
Ulteriore annotazione di rilievo estetico: non ci sono paesaggi e
l’antico non è interpretato, nei lavori tizianeschi, in una chiave archeologica classica, “passatista”, ma attraverso i “nuovi” studi del tempo in subiecta materia, come potrete
constatare di persona.
Last but not least: mentre Vi portate
dal secondo al primo piano, nello scendere la scala esterna “aperta”, godeteVi
il paesaggio mozzafiato, i tetti del centro di Roma, il Palazzo del Quirinale e quello della
Consulta, i campanili, il Cuppolone.
Fabrizio Giulimondi
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